Home
Il Philosophical Counseling e l’età giovanile *

Il Philosophical Counseling e l’età giovanile *

Mosaico di Teseo e minotauro

Mosaico di Teseo e minotauro

I giovani stanno male; crisi esistenziali costellano la giovinezza; la seduzione dell’alcool e della droga; le difficoltà relazionali; i conflitti emotivi. Queste sono solo alcune delle espressioni più frequenti che si associano all’universo giovanile.

Chi sono i giovani?

Non conosciamo i nostri giovani e i nostri giovani non conoscono se stessi.

Già è difficile definire l’età giovanile. I termini “giovani”, “gioventù” o “giovinezza” spesso sono definiti solo in negativo: nel lessico quotidiano essi indicano in genere una fase di transizione tra l’infanzia e l’età adulta, per cui i giovani sarebbero coloro che non sono più dei bambini, ma non sono ancora degli adulti.

Talvolta tali termini sono usati con chiare allusioni valutative (sia positive che negative):
per alcuni che “non sono più giovani” la gioventù evoca una sorta di età dell’oro della propria vita cui guardare con struggente nostalgia; per altri i giovani sono l’espressione della decadenza dei valori e dei costumi («la gioventù d’oggi non è più come quella di una volta»).

La cultura occidentale si è rivelata inadeguata rispetto al fenomeno giovanile. Dalle società primitive, passando attraverso l’età classica, medievale, pre-industriale, industriale e post-industriale, fino alla contemporanea società tecnologicamente avanzata, ogni epoca definisce in modo diverso chi è giovane e chi non lo è.  I confini tra le varie età del ciclo di vita sono sempre più sfumati e incerti. I “riti di passaggio” che segnalano simbolicamente l’ingresso nell’età adulta mutano con le evoluzioni delle società. Il conferimento di un diploma o il matrimonio rappresentano spesso tappe importanti, ma non segnano più in modo inequivocabile il passaggio alla fase successiva del ciclo di vita. Attualmente nei paesi avanzati la maggiore età, connessa all’acquisizione dei diritti civili più importanti, scatta al compimento del diciottesimo anno, ma non per questo si smette di essere giovani.

Anche nell’ambito delle scienze sociali manca chiarezza, soprattutto se si considera che la situazione terminologica non è affatto consolidata. Vi è incertezza, in particolare, sui significati dei termini “adolescenza” e “gioventù” e sui confini tra le realtà corrispondenti. Alcuni autori usano i due termini di fatto come sinonimi, mentre per altri essi designano approcci disciplinari diversi, nel senso che gli psicologi dell’età evolutiva tendono a parlare di adolescenza, mentre il termine gioventù è usato prevalentemente dai sociologi. Altri ancora usano i due termini per distinguere fasi diverse, nel senso che la fase adolescenziale precederebbe quella giovanile del ciclo di vita.

Come è possibile conoscere i nostri giovani, come affrontare un mondo di cui non sappiamo nulla, che non riusciamo a definire e che talvolta è avvertito con fastidio dalla cultura occidentale? Le stesse istituzioni educative rivelano la propria impotenza: la famiglia, la scuola, la parrocchia, le varie associazioni sportive, culturali, di volontariato che accolgono i nostri giovani non riescono a elaborare un approccio olistico per comprendere il fenomeno; si può avere con un giovane un rapporto globale senza essere solo padre o solo docente o solo capo scout o solo allenatore di basket?

* Il testo è liberamente tratto da Alessandro Cavalli, GiovaniEnciclopedia delle scienze sociali (1994) – Treccani.it

Il PHILOSOPHICAL COUNSELING vuole affrontare il problema «dei non ancora adulti» da un punto di vista esclusivamente culturale, senza deviazioni psicologiche o interferenze sociologiche. Se il disagio non è del singolo allora l’origine è culturale e intellettuale, non esistenziale. Forse è necessario un rapporto paritario con il giovane per intraprendere insieme un cammino che giunga alla scoperta dell’ “arte di vivere”, al riconoscimento delle proprie potenzialità, alla comprensione del reale, all’innamoramento di sé.